Le tasse sul trading possono essere di diverso tipo, scopriamo quali sono e cosa c’è da fare.
Tasse sul trading: che regime hai?
Per sapere come procedere nel valutare l’impatto delle tasse sul trading è importante conoscere il tipo di regime fiscale che avete con il vostro intermediario.
Per molti broker vi è la possibilità di scegliere tra regime dichiarativo o amministrato.
La scelta comporta nel primo caso che l’onere di dichiarare le tasse sul trading online spetta a voi.
In questo caso nel modello redditi persone fisiche dovrete inserire al quadro RT riga 41 nella voce: “altri redditi diversi di natura finanziaria“, i guadagni ottenuti in capital gain.
Se siete nel regime amministrato potrete tirare un piccolo sospiro di sollievo in termini di tasse sul trading.
No, se le tasse sul trading online rimangono le stesse, farete meno fatica in sede di dichiarazione.
Vige un meccanismo di tassazione sostitutiva e quindi a trattenere e restituirvi l’importo netto dell’investimento sarà direttamente il broker o il vostro istituto finanziario.
Questi applicherà la ritenuta alla fonte a titolo di imposta definitiva.
Trading e tasse sul trading: il modello Redditi
Nel momento in cui dovete fare la dichiarazione dei redditi le eventuali plusvalenze da redditi diversi vanno inserite nel modello redditi.
A voi interessa nello specifico la Sezione 2 e andando ancora più nel dettaglio vi interesseranno tutte le righe da RT21 in poi.
In particolare al rigo RT 21 inserirete quanto avete incassato, al rigo successivo il valore fiscale della vostra partecipazione e in RT23 la plusvalenza o la minusvalenza conseguita.
Per le minusvalenze esse andranno inserite nei righi RT24 e RT25 per poi essere usate in compensazione entro i 4 anni successivi oltre quello del realizzo.
In questo caso per recuperare le minusvalenze vi consigli di evitare il fai da te e di rivolgervi anche al vostro consulente che valuterà come sia più opportuno procedere valutando tutti i vostri investimenti.
Dovrete poi compilare anche la sezione 5 del quadro RT nelle minusvalenza non compensate nell’anno.
Nel rigo RT 27 si inserisce il valore dell’imposta che avete ottenuto applicando l’aliquota del 26% sui valori netti.
Da questa potrete togliere, inserendola al rigo successivo, l’eventuale eccedenza di imposta derivante dall’esercizio fiscale precedente.
Al rigo RT 29 finalmente vedrete la luce e inserirete l’imposta effettivamente dovuta.
Tassazione trading: il 730
Nel caso in cui abbiate presentato il 730 ma avete percepito redditi di natura finanziaria, i redditi diversi di natura finanziaria non sono presenti.
La via più semplice è presentare il modello Redditi PF del modello 730 per pagere le tasse trading online.
Se non volete rinunciare al 730 per le tasse trading online potete presentare il 730 e integrarlo con la trasmissione successiva del modello Redditi con i soli frontespizio e quadro RT.
Si tratta dell’integrazione più veloce per inserire i redditi derivanti dagli investimenti.
In questo caso per inserire la tassazione trading dovrete compilare a seconda della tipologia dell’investimento il quadro RM – RT- RW.
Nel quadro RM si inseriscono:
- i redditi da capitale esteri su cui non sono state applicate ritenute a titolo di imposta
- premi, proventi e interessi da obbligazioni o titoli pubblici su cui non è stata versata l’imposta sostitutiva
- indennità di fine rapporto (e qui sapete come la pensiamo)
- guadagni da depositi in garanzia su cui si applica l’imposta sostitutiva
- per i più benestanti i redditi da noleggio occasionale di imbarcazioni sempre soggetti alla sostitutiva
Per le tasse e trading il quadro più utile è l’RT.
Qui inserirete per l’applicazione della tassazione trading plusvalenze e minusvalenze e redditi finanziari di natura diversa da queste se non avete optato per il regime amministrato o gestito.
Infine nel quadro RW dovrete inserire i redditi di natura finanziaria derivanti da investimenti esteri.
Le tasse sul trading
Per una panoramica delle tasse sul trading ricordatevi che i redditi da capitale sono tutti tassati al 26%.
I redditi diversi sono tutti sottoposti a una tassazione da proventi finanziari pari al 26%, fatta eccezione per:
- Titoli di stato presenti nella white list (esempio Bund, Btp)
- Titoli sovranazionali (esempio obbligazioni della World Bank)
- Buoni fruttiferi postali
Fino a qualche anno fa si aveva una tassazione al 12,5%, ma poi lo stato ha dovuto fare cassa e siamo passati al 26%.
Una precisazione sulle tasse su rendite finanziarie, quando investite in un ETF o un fondo che investe a sua volta in titoli di stato che sono in white list, sulla parte del capitale investito in questi titoli pagate facendo trading tasse pari al 12,5% del rendimento e sul restante il 26%.
Facciamo un esempio:
Se il fondo investe il 50% in titoli di stato italiani e il resto in obbligazioni, se voi ottenete una plusvalenza di 10.000€, su 5.000€ pagherete il 12,5% e sui restanti 5.000€ pagherete il 26%.
Questa tabella in basso vi sarà utilissima.
Se adesso stai pensando: ah io sono più furbo investo tutto in titoli di stato e buoni fruttiferi perché ci pago meno tasse, stai dicendo una grande fesseria.
Lo so che in banca vi hanno abituato che si parte dalla scelta del prodotto.
Ma non è così che va fatto.
Non compro buoni postali perché ci pago meno tasse.
Compro buoni postali se vengono incontro ad una mia esigenza specifica.
Lo stesso vale per i BTP.
E poi non ha alcun senso concentrare il portafogli di rischi specifici solo per avere una tassazione minore.
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Trading tasse particolari: l’imposta di bollo
L’imposta di bollo non è altro che una piccola patrimoniale.
L’hanno chiamata imposta di bollo ma di fatto è una tassa sul patrimonio.
L’imposta di bollo ammonta a 34,20€ l’anno per conti correnti e libretti di risparmio postali o bancari, se la giacenza media supera i 5.000€.
Se la giacenza media è inferiore ai 5.000€, allora l’imposta di bollo di 34,20€ non è dovuta.
Per tutto il resto, l’imposta di bollo assume il valore dello 0,2% annuo.
Quindi se avete 100.000€ investiti in qualsiasi strumento finanziario, sappiate che pagate lo 0,2% annuo, ossia 200€.
Attenzione perché anche i conti correnti vincolati, i conti deposito e buoni fruttiferi postali pagano un’imposta di bollo pari allo 0,20%.
Ve lo dico perché molte volte gli impiegati sono smemorati e se ne dimenticano.
Sono invece esenti da imposta di bollo le polizze vita ramo I.
Domani andiamo a fare tutti le polizze vita ramo I perché sono investimenti meno tassati…
Non vi azzardate!
Non hanno l’imposta di bollo, ma hanno problemi ben più gravi.
In tanti mi dicono “vabbè allora sai che c’è, apro il conto all’estero per pagare meno tasse.
No! L’imposta di bollo la pagate anche se aprite un conto all’estero.
In questo caso non si chiamerà imposta di bollo ma IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), ed è e sempre dello 0,2%.
In pratica si chiama solo in maniera diversa, ma è la stessa identica cosa.
Un’ultima avvertenza al riguardo.
Attenzione perché sulle obbligazioni ed azioni estere possono essere applicate ulteriori ritenute alla fonte che possono comportare una tassazione molto più alta.
È il caso delle cedole delle obbligazioni e dei dividendi azionari che, salvo specifici accordi bilaterali tra stati, vengono tassati due volte.
Una prima volta alla fonte, cioè dallo stato in cui abbiamo comprato l’azione o l’obbligazione, e una seconda tassazione una volta in Italia per la quota parte rimanente.
Facciamo un esempio:
Ricevete un dividendo lordo di 100$ da una società americana.
Questo dividendo sarà prima tassato in America e poi in Italia.
Se la tassazione in America è del 35%, salvo accordi bilaterali, dei 100$ iniziali ne riceverete direttamente 65$.
Poi su quei 65$ ci dovrete pagare il 26% previsto dalla legge italiana.
Vi rimarranno così 48$. La tassazione complessiva sarà stata perciò del 52%!
Tassazione trading: il modello Schedule K1
Tra le molte domande che ricevo sul trading online tasse, molte riguardano cosa fare con il modulo Schedule K1.
Dal team ti diremmo di bruciarlo e accendere il barbeque, ma prima di capire cosa farne scopriamo cos’è questo modulo Schedule K1.
Il modello Schedule K1 attesta una partecipazione in un trust in società S o di persone.
Serve all’IRS – Internal Revenue Service per verificare che le dichiarazioni dei redditi delle persone e delle aziende siano accurate.
Esistono 3 diversi moduli K1 il 1041, 1120S, 1065.
Il 1041 fa riferimento alle proprietà immobiliari e ai trust, difficilmente vi imbatterete in questo modulo.
L’1065 è il modulo dedicato ai partner, quello del singolo e del partner devono coincidere, altrimenti si può richiedere un controllo.
L’ultima tipologia, la più frequente, è l’1120S viene rilasciato dall’azienda all’azionista in modo che possa indicarlo nella propria dichiarazione dei redditi.
Si tratta di un’attestazione del vostro investimento e potrete controllare anche le diverse voci di rendicontazione tipiche dell’azienda in cui al momento dell’investimento siete diventati investitori.
Quanto vi serve per le tasse trading online?
In realtà a ben poco, giusto per eventuali controlli sull’andamento dell’investimento.
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Trading e tasse USA
In molti prima di investire in titoli USA valutano anche le tasse sul trading, atteggiamento corretto.
Sulla percezione dei dividendi può essere infatti applicata una doppia tassazione trading, ma non sempre è così.
Vale la regola che se da controlli scoprite che vi è stata applicata erroneamente un’aliquota più alta rispetto a quella vigente in virtù degli accordi internazionali, tramite l’agenzia delle entrate e il servizio clienti del vostro istituto potrete chiedere indietro quanto indebitamente pagato.
Chi fa trading deve pagare le tasse?
Eh sì, a quanto pare ci si chiede anche questo, se chi fa trading deve pagare le tasse…
La risposta è sì!
Tutti sono tenuti a pagare le tasse, di qualsiasi natura esse siano.
Come detto in questo caso la tassazione dipende dallo strumento in cui si ha investito i propri soldi, ma sì, anche chi fa trading deve pagare le tasse.