Tassazione sugli investimenti: quello che devi sapere

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La tassazione sugli investimenti finanziari è un tema sul quale c’è sempre molta confusione, ma in questo articolo vi dirò tutto quello che dovete sapere.

Basta conoscere poche semplici regole e qualche trucchetto per ottimizzare il proprio business e riuscire a pagare meno tasse sui rendimenti finanziari.

Indipendentemente da quello su cui investiamo, la tassazione sulle rendite finanziarie è una variabile da non trascurare.

Cerchiamo di capire come funziona e come si investe correttamente, tenendo conto anche della tassazione degli strumenti finanziari utilizzati.

Tassazione sugli investimenti:

Le tipologie di redditi sottoposti ad aliquota sulle rendite finanziarie

Le aliquote sulle rendite finanziarie e, in generale, la tassazione sulle plusvalenze finanziarie possono essere ottimizzate, ma per riuscire a ridurre le tasse sugli investimenti bisogna prima di tutto capire come si applica la tassazione sulle rendite finanziarie a seconda della tipologia di reddito generato.

Cominciamo col dire che quando guadagniamo con i nostri investimenti generiamo due tipologie di redditi:

– i redditi di capitale

– i redditi diversi

 1) I redditi da capitale si definiscono certi nell’ammontare e nell’esistenza.

Non avete capito vero? Ok vi faccio un esempio.

Avete comprato un’azione fiat e sapete che il 10 maggio vi pagherà 100€ totali di dividendo.

Quel dividendo è certo nell’ammontare in quanto è di 100€, non può essere nè più alto,  né più basso.

Inoltre è certo nell’esistenza, in quanto è stato già approvato dall’assemblea e quindi non può essere messo in dubbio.

Quindi è certo che nella data specifica del 10 maggio riceverete 100€ di dividendo.

Questo è un reddito da capitale.

Lo stesso discorso vale per le cedole delle obbligazioni.

 2) I redditi diversi sono invece incerti nel quantum o nell’esistenza.

In questo caso ci riferiamo a plusvalenze e minusvalenze, generate ad esempio dalla compravendita di azioni o di obbligazioni.

Se io compro un’azione o un’obbligazione, non posso dire con certezza quale sarà il profitto o la perdita che avrò, e quindi il risultato non può essere considerato come un reddito da capitale.

Deve essere considerato come un reddito diverso e sconterà un’imposta diversa.

Perché non posso dirlo con certezza?

Perché se compro un azione a 97€, potrei rivenderla a 95 oppure a 103 o a 107 e quindi non c’è certezza della rendita.

La cosa importante da capire è questa: redditi da capitale e redditi diversi non possono essere compensati tra di loro, perché è come se fossero racchiusi in scatole distinte.

Proprio per questo le tasse su queste rendite finanziarie sono diverse: come quelle relative alla tassazione di plusvalenze finanziarie rispetto alla tassazione di prodotti finanziari alternativi, quali i titoli di Stato.

Ma approfondiamo meglio che genere di aliquote si pagano.

Tassazione sugli investimenti:

Compensare minusvalenze e plusvalenze

Nel caso dei redditi diversi, lo Stato ci permette di fare una compensazione tra le minusvalenze pregresse e le plusvalenze successive.

Facciamo un esempio:

Supponiamo che nel 2018 abbiamo perso 10.000€ attraverso la compravendita di azioni.

Abbiamo generato 10.000€ di minusvalenze che rientrano nella categoria di redditi diversi.

Bene, questi 10.000€ mi creano uno zainetto fiscale, ossia, lo stato mi permette di recuperarli fiscalmente con la tassazione da plusvalenze finanziarie.

Quindi, se nel 2019 guadagniamo ad esempio 6.000€, su quei 6.000€ non ci paghiamo le tasse, perché avevamo delle minusvalenze pregresse da recuperare.

Pertanto nel 2019 pagherò zero tasse su investimenti e nel 2020 avrò uno zainetto fiscale di 10.000 – 6.000€ ossia di 4.000€.

E così via.

Per recuperare le minusvalenze maturate in ciascun anno specifico abbiamo a disposizione 5 anni.

Scaduti i 5 anni perdiamo questo bonus fiscale e non potremo sfuggire alle tasse sulle rendite finanziarie. 

Tassazione sugli investimenti:

Come guadagnare dalle tasse sugli investimenti

L’anno scorso è venuto un cliente che voleva investire i propri risparmi.

Mentre ci parlo mi accorgo che aveva circa 100.000€ di perdite su delle azioni Monte Paschi che aveva comprato anni fa.

Stava perdendo oltre il 99% ed erano perdite che non avrebbe mai potuto recuperare (per una serie di motivi che ho già spiegato in altri video sul canale youtube, se vuoi puoi seguirci anche lì).

Al che gli dico: scusa perché non le vendi?

E lui: beh, perché mi rode venderle in perdita.

Ecco questa è una situazione fiscalmente inefficiente.

Ora vi spiego il perché.

Se lui quest’anno guadagnasse 100.000€, dovrebbe pagare 26.000€ di tasse.

Se invece vende prima quelle azioni incassando una perdita di 100.000€, nei successivi 100.000€ guadagnati si risparmierebbe di pagare 26.000€ di aliquota.

Decisamente una bella differenza e solo operando sulla tassazione dei titoli.

Ecco questo errore lo fanno in tantissimi e basta una minima conoscenza del funzionamento della tassazione sui vari strumenti finanziari per ottimizzare il portafoglio, sfruttando l’elemento più svantaggioso di tutti, la tassazione delle rendite finanziarie.

Andiamo a vedere adesso un concetto un po’ spinoso per molti, e come sempre cerchiamo di farlo spiegandolo nel modo più chiaro possibile.

Tassazione prodotti finanziari: recuperare le tasse sulle rendite finanziarie

Quando subite delle perdite, otterrete sempre dei redditi diversi.

Perdite = redditi diversi

Quando invece ottenete dei profitti arrivano i problemi, perché a seconda dello strumento finanziario che state utilizzando, potete generare dei redditi diversi o dei redditi da capitale che, come abbiamo capito, scontano una diversa tassazione.

Su queste plusvalenze da capitale non potrete compensare minusvalenze pregresse:

  • Cedole di obbligazioni
  • Dividendi di azioni/fondi/etf 
  • Cedole di certificates quando non sono condizionate al verificarsi di eventi specifici e sono quindi certe
  • Conti correnti, conti di deposito vincolati o non e libretti
  • Gestioni patrimoniali
  • Polizze vita ramo 1, 3 e 5
  • Plusvalenze generate dalla compravendita di quote di fondi o ETF

Quindi se avete delle minusvalenze da recuperare non ha senso ad esempio farsi un portafoglio di soli fondi o Etf , perché pagherete sempre e comunque le tasse su eventuali profitti o dividendi distribuiti.

E quelle minusvalenze che avrete marciranno finché non scadranno.

Avrebbe invece più senso, per recuperare con le tasse sugli investimenti finanziari, farsi un portafoglio dove ci sono, insieme a fondi ed ETF, anche azioni, in modo tale da poterle usare per recuperare le minus

Sui fondi e gli Etf la situazione è abbastanza assurda.

Non si è capito infatti per quale motivo lo Stato considera le plusvalenze ottenute dalla loro compravendita come redditi da capitale, e quindi come redditi certi nell’ammontare e nell’esistenza.

È una cosa assurda, ma tanto è, ce ne dobbiamo fare una ragione.

E quindi un portafoglio fatto solo di fondi, o ETF, diciamo che fiscalmente non è efficiente, perché non permette di recuperare le tasse sulle minus pregresse. 

Non è che devi fare solo singole azioni o singole obbligazioni, ma se ce ne metti un po’ male non fa.

Chiaramente senza comprarle a casaccio.

Redditi derivanti da ETF ed ETC:

la diversa tassazione finanziaria

Anche sugli ETF c’è da fare una distinzione, in genere si fa sempre confusione non comprendendo a quali vantaggi può portare la diversa tassazione finanziaria a cui siamo soggetti.

Sono redditi da capitale solo le plusvalenze generate dalla compravendita di ETF.

Mentre, invece, sono redditi diversi le plusvalenze generate dalla compravendita di ETC (che sono praticamente ETF che investono in materie prime) ed ETN, che sono completamente diversi dagli ETF ed ETC, in quanto sono titoli cartolarizzati (sostanzialmente titoli di debito) emessi dall’emittente.

E quindi decisamente più pericolosi e rischiosi.

Dopo questa carrellata di informazioni, spero che abbiate preso appunti, andiamo a vedere l’entità della tassazione su rendimenti finanziari.

Tassazione sugli investimenti:

Le tasse su redditi da capitale e redditi diversi

I redditi da capitale sono tutti tassati al 26%.

I redditi diversi sono tutti sottoposti a una tassazione da proventi finanziari pari al 26%, fatta eccezione per:

  • Titoli di stato presenti nella white list (esempio Bund, Btp)
  • Titoli sovranazionali (esempio obbligazioni della World Bank)
  • Buoni fruttiferi postali

Fino a qualche anno fa si aveva una tassazione al 12,5%, ma poi lo stato ha dovuto fare cassa e siamo passati al 26%.

Una precisazione sulle tasse su rendite finanziarie, quando investite in un ETF o un fondo che investe a sua volta in titoli di stato che sono in white list, sulla parte del capitale investito in questi titoli ci pagate il 12,5% e sul restante il 26%.

Facciamo un esempio:

Se il fondo investe il 50% in titoli di stato italiani e il resto in obbligazioni, se voi ottenete una plusvalenza di 10.000€, su 5.000€ pagherete il 12,5% e sui restanti 5.000€ pagherete il 26%. 

Se adesso stai pensando: ah io sono più furbo investo tutto in titoli di stato e buoni fruttiferi perché ci pago meno tasse, stai dicendo una grande fesseria.

Lo so che in banca vi hanno abituato che si parte dalla scelta del prodotto

Ma non è così che va fatto.

Non compro buoni postali perché ci pago meno tasse.

Compro buoni postali se vengono incontro ad una mia esigenza specifica.

Lo stesso vale per i BTP.

E poi non ha alcun senso concentrare il portafogli di rischi specifici solo per avere una tassazione minore.

Tassazione sugli investimenti:

L’imposta di bollo

L’imposta di bollo non è altro che una piccola patrimoniale.

L’hanno chiamata imposta di bollo ma di fatto è una tassa sul patrimonio. 

L’imposta di bollo ammonta a 34,20€ l’anno per conti correnti e libretti di risparmio postali o bancari, se la giacenza media supera i 5.000€.

Se la giacenza media è inferiore ai 5.000€, allora l’imposta di bollo di 34,20€ non è dovuta.

Per tutto il resto, l’imposta di bollo assume il valore dello 0,2% annuo.

Quindi se avete 100.000€ investiti in qualsiasi strumento finanziario, sappiate che pagate lo 0,2% annuo, ossia 200€.

Attenzione perché anche i conti correnti vincolati, i conti deposito e buoni fruttiferi postali pagano un’imposta di bollo pari allo 0,20%.

Ve lo dico perché molte volte gli impiegati sono smemorati e se ne dimenticano. 

Sono invece esenti da imposta di bollo le polizze vita ramo I

Domani andiamo a fare tutti le polizze vita ramo I perché sono investimenti meno tassati…

Non vi azzardate!

Non hanno l’imposta di bollo, ma hanno problemi ben più gravi.

In tanti mi dicono “vabbè allora sai che c’è, apro il conto all’estero per pagare meno tasse. 

No! L’imposta di bollo la pagate anche se aprite un conto all’estero.

In questo caso non si chiamerà imposta di bollo ma IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), ed è e sempre dello 0,2%.

In pratica si chiama solo in maniera diversa, ma è la stessa identica cosa.

Un’ultima avvertenza al riguardo.

Attenzione perché sulle obbligazioni ed azioni estere possono essere applicate ulteriori ritenute alla fonte che possono comportare una tassazione molto più alta.

È il caso delle cedole delle obbligazioni e dei dividendi azionari che, salvo specifici accordi bilaterali tra stati, vengono tassati due volte.

Una prima volta alla fonte, cioè dallo stato in cui abbiamo comprato l’azione o l’obbligazione, e una seconda tassazione una volta in Italia per la quota parte rimanente

Facciamo un esempio:

Ricevete un dividendo lordo di 100$ da una società americana.

Questo dividendo sarà prima tassato in America e poi in Italia.

Se la tassazione in America è del 35%, salvo accordi bilaterali, dei 100$ iniziali ne riceverete direttamente 65$.

Poi su quei 65$ ci dovrete pagare il 26% previsto dalla legge italiana.

Vi rimarranno così 48$. La tassazione complessiva sarà stata perciò del 52%!

I tre regimi fiscali che comportano una diversa tassazione sugli investimenti

Concludiamo questo articolo andando a parlare dei tre diversi regimi fiscali che si adottano:

  • Dichiarativo
  • Amministrato
  • Gestito

La differenza fondamentale tra i tre consiste nel rapporto tra risparmiatore e intermediario.

 1) Il regime dichiarativo è un regime fai da te.

Durante l’anno fate tutte le operazioni che volete, poi all’inizio dell’anno successivo stampate il rendiconto che dovrete portare al vostro commercialista e lui calcolerà quanto dovrete pagare.

Attenzione: anche in questo regime i redditi da capitale non sono compensabili con redditi diversi. 

Sui redditi da capitale continua ad esserci la tassazione alla fonte, cioè per conto dello Stato, tranne per gli strumenti non armonizzati, come ad esempio alcuni fondi specifici di diritto straniero. 

 2) Il regime amministrato, invece, prevede che ci sia un intermediario che si occupa di tutti gli adempimenti fiscali, che svolge il ruolo di sostituto di imposta.

Normalmente quasi tutti gli intermediari italiani ed europei fanno anche da sostituto d’imposta e permettono quindi di adottare il regime amministrato.

Altri intermediari, soprattutto quelli extra-UE, invece, non permettono di avere un regime amministrato e ti obbligano ad usare quello dichiarativo. 

Con il regime amministrato il risparmiatore incassa quello che ha guadagnato, il capital gain, al netto di tutte le tasse e senza ulteriori obblighi nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

È dunque la banca ad occuparsi di tutto

Anche in questo regime i redditi da capitale non sono compensabili con i redditi diversi.

Possono optare per tale regime le persone che non lavorano come imprenditori commerciali o società semplici ecc.

Se avete un conto in regime amministrato e un conto in regime dichiarativo, o se avete più conti in regime amministrato, sappiate che non potete compensare le minusvalenze fatte su un conto con le plusvalenze fatte su un altro. 

Immaginate il regime amministrato come una grande scatola chiusa di proprietà della banca.

Le minus che fate in quella banca rimangono dentro quella scatola e non possono uscire.

C’è un modo per farle uscire? Certo.

Dovete farvi aprire la scatola dalla banca e farvi certificare le minus da recuperare.

Come si fa?

Ci sono tre modi:

  • Chiudete il dossier titoli
  • Chiudete il conto corrente
  • Comunicate alla banca di voler passare dal regime amministrato a quello dichiarativo.

In tutte e tre queste occasioni la banca è obbligata ad aprire la scatola e certificarvi le minus.

Potete poi prendere queste minus e portarle presso un altro conto in regime dichiarativo o amministrato.

Se invece avete più conti in regime dichiarativo, potete sempre e comunque compensare minus e plus ottenute su conti diversi.

3) Infine abbiamo il regime gestito.

In questo caso si delega all’intermediario sia la gestione dell’investimento che degli adempimenti fiscali, non vi dovete curare della tasse sulle rendite finanziarie.

Come nel caso del regime amministrativo, l’intermediario funge da sostituto di imposta.

Tra tutti e tre, io preferisco di gran lunga quello dichiarativo perché permette maggiore libertà, ma come detto la decisione è molto personale.

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Tassazione degli Investimenti: Come rendere efficienti le tasse sui vostri investimenti

Concludiamo con il consiglio finale che vi aiuterà ad ottimizzare i vostri rendimenti.

Ottimizzare la tassazione dei propri investimenti è importante, ma non è il fattore principale.

Il mio portafoglio deve essere fatto in funzione dei miei obiettivi e dei miei orizzonti temporali.

Solo dopo sceglierò i migliori strumenti per raggiungere questi obiettivi, cercando di evitare di sprecare soldi inutilmente.

Non è che scelgo il prodotto finanziario perché ci pago meno tasse e poi ci adeguo sopra una mia esigenza.

È come andare al supermercato a fare la spesa.

Non comprate il merluzzo solo perché è in offerta.

Magari siete allergici, oppure ne avete già a casa, o semplicemente avete intenzione di cucinare altro per quel giorno. 

Quando andate al supermercato avete già in mente cosa vi serve.

Poi se lo trovate in offerta ancora meglio.

Tassazione investimenti:

L’abbaglio dei PIR per non pagare la tassa sulle rendite finanziarie

Un esempio incredibile di come si fanno intortare le persone con la scusa del risparmio fiscale sono i PIR, i piani individuali di risparmio.

Accecati dal risparmio fiscale e dalle pressioni commerciali delle banche, molti risparmiatori italiani si sono riempiti le tasche di questi prodotti

Prodotti che sono un concentrato di rischio Italia con dei costi esorbitanti per gli investitori.

Gli investitori si sono caricati di rischio e di costi per avere un’esenzione fiscale su plusvalenze, teoriche, che potrebbero anche non esserci, dopo 5 anni dal loro investimento. 

Chiaramente a 2 anni e più dal loro esordio, sono tutti in perdita.

Se non recuperano le perdite, il fatto di non avere tasse sulle rendite rimane un’amara consolazione.

E gli unici che ci hanno guadagnato come al solito sono le banche, i loro manager e i loro venditori, che nel frattempo si sono messi in tasca laute commissioni, bonus e premi di raccolta.

Più che un articolo oggi abbiamo fatto un corso vero e proprio.

Fatene tesoro perché queste cose non ve le dice nessuno.

E il vostro portafoglio è fiscalmente ottimizzato o no?

Alessandro Moretti