Coronavirus: opportunità e crisi future

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Solo crolli e crisi o anche vere e proprie opportunità da coronavirus?

Il coronavirus ha avuto un impatto enorme su quelle società che in pochi anni sono diventati i giganti della Silicon Valley, i re della new economy.

Oltre la crisi da coronavirus ci sono opportunità?

Solo in questa settimana Uber ha annunciato il licenziamento di 3.700 persone, il 14% della propria forza lavoro.

Airbnb ne ha mandate via 1.900, il 25%.

Lyft, piattaforma meno nota in Europa ma che offre un servizio molto simile a Uber di cui è il principale concorrente negli Usa, ha cacciato invece 1.000 persone, il 17% del suo personale amministrativo.

L’impatto però è molto più alto se si pensa alla materia prima su cui si basano gli affari di queste società: auto con conducenti a noleggio, case private per affitti brevi, corse in scooter.

Prima del coronavirus Uber, per esempio, aveva circa 1,4 milioni di autisti in giro per il mondo.

Airbnb circa 150 milioni di proprietà in affitti brevi in 65 mila città .

Nella settimana 14 del 2020, le prenotazioni di affitti a breve termine sulla piattaforma Airbnb hanno registrato un calo del 95% rispetto all’anno precedente.

La caratteristica di tutte le startup è avere una grande fragilità intrinseca.

Il loro business model si basa sulla necessità di bruciare molta cassa per occupare fette sempre più grandi di mercato e cercare di tornare profittevoli coi grandi numeri di clienti.

Non tutta la sharing economy però è in difficoltà.

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Le opportunità offerte dalla crisi per coronavirus

Il coronavirus ha colpito con forza interi settori industriali: viaggi, eventi, trasporti, indipendentemente dalle modalità di business, se più tradizionale o più innovativo.

Ma l’effetto sulle ex startup californiane è stato più doloroso proprio per via della loro natura. Ma se per loro è dura, c’è tutto un settore che sta dando segni di buona vivacità.

Secondo i dati di Netcomm Forum, nei primi mesi del 2020 il commercio online ha visto un incremento solo in Italia di 2 milioni di nuovi consumatori, di cui 1,3 sono arrivati alle piattaforme d’acquisto digitale durante l’emergenza sanitaria.

In questa classifica possiamo vedere gli aumenti delle vendite on-line nei vari settori in Germania, Inghilterra e Stati Uniti.

Difficile quindi parlare di crisi di un modello, o crisi dell’economia digitale in qualsiasi delle proprie forme.

Le aziende che lavorano in questi settori dovranno confrontarsi con le nuove abitudini dei consumatori.

Qui l’impatto sui mercati finanziari dal coronavirus.

Se per alcune sarà crisi, per altre ci saranno opportunità, e già ci sono.

Alcune società di food delivery ne stanno addirittura approfittando.

Come?

Aumentando la tariffa che chiedono agli esercenti, in certi casi fino al 35%.

Ed è un fenomeno preoccupante perché oggi molti ristoratori di fatto dipendono dai loro servizi e rischiano di essere stritolati dalle loro tariffe.

Le trimestrali delle grandi aziende per ora tengono

Le trimestrali delle principali aziende italiane reggono per ora, ma lo tsunami sembra soltanto rimandato.

Le big quotate sembrano aver tenuto botta nel primo trimestre rispetto alla crisi scatenata dal coronavirus, ma i timori si concentrano ora sul secondo, quando l’impatto del lockdown si renderà più evidente.

Già da ora però la distinzione tra vincenti e perdenti appare emergere assieme, forse, a qualche immagine di futuro.

Secondo Roberto Di Pietra, direttore del Dipartimento di Studi aziendali e giuridici dell’Università di Siena il tema riguarda, quale che sia il settore, la quantità di persone messe a lavorare in un dato spazio fisico per minimizzare i contatti interni al processo produttivo.

Ci sono servizi che per loro natura sono fuori dal problema.

Mentre non è lo stesso per la vendita di beni attraverso una catena logistica mondiale che richiede investimenti in sicurezza.

I modelli di business più tradizionali e fisici pagano dunque il conto più salato. 

Fca, che ha visto il mercato dell’auto azzerarsi ed è stata costretta a fermare la produzione nei suoi stabilimenti, per fare un esempio, ha chiuso i primi tre mesi dell’anno con un rosso di 1,7 miliardi di euro.

Leonardo ha visto i ricavi scendere del 5% e il risultato netto terminare in negativo per 59 milioni.

Cnh Industrial ha segnato una perdita adjusted di 66 milioni e nella moda Ferragamo ha visto i ricavi scendere del 30,6%, Moncler del 18%.

Banche in buona salute, ma rischio sofferenze 

Buoni segnali sono arrivati dalle banche, nonostante la maxi perdita da 2,7 miliardi di euro segnata da Unicredit.

Un colosso come Intesa SanPaolo ha visto aumentare l’utile netto del 9,6% a 1,15 miliardi. Il problema riguarda quanto e come le aziende debitrici riusciranno a far fronte ai propri impegni in futuro.

Molte banche erano ancora convalescenti dalla brutta botta degli Npl post 2008 e ora rischiano di dover affrontare livelli crescenti di crediti non performanti, crediti deteriorati, vere e proprie sofferenze.

 

Cancellati i dividendi

In poco più di una settimana gli azionisti di piazza Affari hanno assistito alla cancellazione di dividendi per oltre 6 miliardi di euro. 

Sul dato pesa in particolare il settore del credito, dopo che la Bce ha invitato i soggetti vigilati a rinviare almeno fino a ottobre il pagamento delle cedole per destinare tutte le risorse al sostegno della lotta contro l’impatto economico del coronavirus.

In presenza di valori contabili (Patrimonio netto) che per molte imprese saranno critici e con valori economici in calo si aprono enormi spazi per rilevanti processi di fusione e acquisizione.

Quello che è certo è che questa crisi segna una cesura.

Nulla sarà più come prima, molto più di quanto non avvenne dopo la crisi finanziaria del 2008.

Qui trovi tutte le altre opportunità di borsa da non perdere con il coronavirus.

Dovremo trarre ulteriori elementi per riorganizzare i processi produttivi anche nella prospettiva che tali processi dovranno essere sostenibili e dovranno garantire la sicurezza sanitaria.

Sempre secondo Di Pietra, anche lo smart working costituirà un cambiamento permanente tutto da decifrare e che ogni impresa declinerà nel definire la propria soluzione organizzativa e i propri processi produttivi.

E secondo voi quali saranno le opportunità che oltre la crisi porterà il coronavirus?

Davide Cassaghi