Crollo Automotive, chi perde di più per il coronavirus?

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Mercato automotive, quanto si perde a causa del coronavirus?

Da inizio anno, il settore ha dimezzato le vendite in Italia, Spagna e Francia, mentre la Germania perde da inizio anno il 30% delle immatricolazioni.

L’intero mercato automotive europeo, come rileva l’Acea, perde da inizio anno il 40% delle vendite.

Sono gli effetti dell’allarme sanitario da Covid-19 e della chiusura di fabbriche e concessionari.

Ad aprile, in particolare, l’Europa (più area Efta) ha perso il 78,3% delle vendite di auto, il calo più pesante mai registrato nel settore.

Le immatricolazioni di nuove autovetture sono passate da un milione e 345 mila di aprile 2019 a 292.182 del mese scorso.

Qui l’altro settore che perde di più dal coronavirus.

L’Italia non fa nulla per l’Automotive che perde per il coronavirus

In Italia, il Decreto Rilancio ha completamente ignorato l’esigenza, avvertita ovunque in Europa, di rilanciare la domanda di autovetture.

Le principali richieste per rinforzare il settore auto che perde sono incentivi alla rottamazione che prevedano anche l’acquisto di vetture nuove di ultima generazione e con alimentazione tradizionale.

Guardando alle singole case, Fca ha visto il mese scorso le immatricolazioni scendere nel Vecchio continente dell’87,7%, facendo dunque peggio del del mercato e mostrandosi tra i costruttori più colpiti, insieme a Honda e Jaguard Land Rover.

La quota di mercato di Fca si è ridotta al 3,7% dal 6,6% di aprile 2019.

Tra i singoli marchi del gruppo, a fare peggio è Lancia/Chrysler che ha visto crollate del 98% le immatricolazioni, mentre Alfa Romeo è risultato il migliore con un -85,8%.

I pessimi dati sulle immatricolazioni pesano sul titolo che a Piazza Affari si muove in controtendenza, imboccando la via dei ribassi con un calo dell’1,3%.

Decreto liquidità ma con condizioni…

Data la chiara situazione preoccupante per il bilancio, FCA sta negoziando con Intesa SanPaolo un prestito bancario da 6,3 miliardi.

Il prestito è pari al 25% del fatturato realizzato in Italia e punta ad ottenere la garanzia di Sace.

Lo Stato però vuole garanzie ed esige dalla casa automobilistica lo stop ai dividendi e al riacquisto di azioni proprie per un anno.

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L’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali e l’utilizzo dei soldi per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi localizzati in Italia.

L’operazione è diventata fonte di scontro politico.

FCA, che fa capo ad Agnelli, chiede sostegno ad un Paese a cui effettivamente non paga tasse avendo sede legale in Olanda e fiscale a Londra.

Ma la Commissione europea permette aiuti pubblici per aziende europee che non hanno sedi nei Paesi ma solo stabilimenti.

Queste aziende sfruttano fiscalmente queste “zone grigie” che consentono di fatto di pagare meno tasse.

Quindi, mentre i sindacati chiedono una discussione sul merito, in Parlamento si cerca di inserire nel decreto in fase di conversione qualche paletto aggiuntivo.

Il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, si augura che perlomeno Fca come “atto di buona volontà e senso civico” condivida con il governo i rapporti che dettagliano come sono distribuiti i profitti e il carico fiscale nei vari paesi in cui opera.

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Automotive che perde, Uber che perde per il coronavirus

Uber taglia altri 3.000 posti di lavoro, chiude 45 uffici e si impegna a rivedere i suoi progetti non core nel tentativo di sopravvivere all’emergenza coronavirus.

I nuovi tagli occupazionali, aggiunti ai 3.700 annunciati la scorsa settimana, portano al 25% le riduzioni totali alla forza lavoro a causa della pandemia.

Oltre ai tagli e alle chiusure, l’app per auto con conducente valuta le “alternative strategiche” per la sua divisione Uber Works.

Quest’ultima è una piattaforma per fornire ad aziende manodopera temporanea in caso di necessità.

Presto potrebbe chiudere il suo incubatore di prodotti e il laboratorio di intelligenza artificiale.

Mistero sul destino dell’ambizioso progetto di automobili senza guidatore.

In sostanza, l’azienda concentrerà le sue risorse sull’attività di trasporto persone e sulla consegna di pasti a casa nel tentativo di raggiungere la profittabilità entro il 2021.

Prima della crisi coronavirus, Uber aveva previsto di raggiungere l’obiettivo profitti già alla fine di questo 2020.

L’emergenza ha portato in aprile al fatto che il titolo dell’automotive perde l’80% dei viaggi con auto Uber.

Questi rappresentano la fetta più grossa dell’attività dell’azienda (due terzi dei ricavi arrivano da Usa e Canada).

L’annuncio di Uber ha messo comunque ieri le ali al titolo, arrivato a guadagnare l’8% per poi chiudere a +3,60%.

E giunge mentre l’app è in trattative per acquistare la rivale Grubhub, con i due amministratori delegati coinvolti in prima persona alla ricerca di un accordo sul prezzo.

Secondo indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, il numero uno di Grubhub Matt Maloney avrebbe chiaramente indicato a Khosrowshahi che l’ultima offerta presentata è troppo bassa.

Uber avrebbe assicurato di poterla ritoccare al rialzo ma non è detto che sia sufficiente.

Le trattative proseguono a caccia di un’intesa che creerebbe un gigante nella consegna di pranzi e cene a domicilio e consentirebbe importanti risparmi.

Uber e Grubhub li stimerebbero in 300 milioni di dollari, ma per Morgan Stanley potrebbero essere il doppio.

Cosa succederà al settore?

Davide Cassaghi